Vito Schiuma

Pianist, Composer, Musician.

Tag: vito schiuma

  • Blue Bird, disponibile dal 23 dicembre su tutti gli store.

    Blue Bird, disponibile dal 23 dicembre su tutti gli store.

    Blue Bird di Vito Schiuma sarà disponibile dal 23 dicembre su tutte le piattaforme di streaming. Altri aggiornamenti nei prossimi giorni!

    Charles Bukowski, scrittore e poeta del cosiddetto realismo sporco americano, non amava girare troppo intorno ai concetti. Forse anche per questo è tra i più citati sui social. 

    Bluebird narra di pulsioni inconsce, di desideri inascoltati, sentimenti ammaestrati. Eppure caratteristica imprescindibile del magico, dell’arte, della musica, è lasciar andare la propria visione. 

    Del resto, usando le parole di Oscar Wilde, l’arte rispecchia lo spettatore – non la vita – (e non l’artista, aggiungo io).

    Blue Bird sarà disponibile su tutte le piattaforme e gli store online dal 23 dicembre. Inoltre nei prossimi giorni potremo ascoltare un’anteprima.

  • Blue Bird, il nuovo album in pianoforte solo di Vito Schiuma

    Blue Bird, il nuovo album in pianoforte solo di Vito Schiuma

    Blue Bird è il mio nuovo sforzo discografico con cinque composizioni per pianoforte solo. Si tratta di cinque notturni ispirati ad alcuni componimenti brevi del poeta americano Charles Bukowski. Un lavoro che a lungo abbiamo portato al pubblico pugliese in forma di reading e musica.

    Personalmente li ho sempre considerati notturni, non quale rimando alla letteratura romantica, bensì per le atmosfere misteriose, a tratti cupe, ma anche riflessive della notte. 

    Ho provato a disegnare l’immaginario pianistico di un autore tragico e allo stesso tempo edificante, duro ma anche profondo. 

    Blue Bird disponibile a breve su tutte le piattaforme di streaming.

  • Ave Maria – A Gospel (per piano solo)

    Ave Maria – A Gospel (per piano solo)

    Sono entusiasta di presentarti il mio ultimo arrangiamento, un’interpretazione unica e appassionante dell’Ave Maria di Schubert, arricchita da influenze gospel che portano questo classico a nuove vette emozionali.

    Titolo dell’Arrangiamento:Ave Maria – A Gospel (pianoforte solo)

    Caratteristiche dell’arrangiamento:

    1. Armonie Gospel Incantevoli: Lasciati avvolgere dalle armonie gospel che trasformano questa melodia sacra in un’esperienza spirituale unica.
    2. Piano Solo Espressivo: L’arrangiamento è pensato per il pianoforte solo, permettendo al musicista di esplorare la profondità emotiva della composizione.
    3. Accordi Dettagliati: Ogni passo dell’arrangiamento è accompagnato da dettagliati accordi, offrendo una guida chiara per interpretare e personalizzare la tua esecuzione.

    Scarica lo spartito:

    L’arrangiamento dell’Ave Maria è ora disponibile su Sheet Music Plus e Sheet Music Direct, prontamente scaricabile per arricchire il tuo repertorio musicale.

    Perché Scegliere il mio Arrangiamento:

    • Innovazione Musicale: Offri al tuo pubblico un’esperienza unica, mescolando la bellezza classica con l’energia avvolgente del gospel.
    • Adatto a Tutti: L’arrangiamento è pensato per essere accessibile a musicisti di tutti i livelli, garantendo un’esperienza appagante per chiunque desideri esplorare nuove sonorità.

    Ascolta un’anteprima qui:

    Ordina Ora e Riscopri la Tua Musica:

    Non perdere l’opportunità di arricchire il tuo repertorio con questa straordinaria versione dell’Ave Maria. Ordina il tuo spartito oggi stesso anche su questo sito: Schubert Ave Maria Gospel Piano Arrangement for Beginners e inizia il tuo viaggio musicale.

    Grazie per il tuo continuo supporto alla musica innovativa e appassionante.

    Vito Schiuma

  • La straordinaria vita di Dr. John per Spaghetti & Blues

    La straordinaria vita di Dr. John per Spaghetti & Blues

    Nella New Orleans degli anni 50, Mac Rebennack, noto come Dr. John – the Night Tripper, mosse i primi passi nel music biz, frequentando i locali per i quali suo padre riparava i sistemi di amplificazione. E fu questo ambiente altamente competitivo e costellato da pianisti come Professor Longhair, Tuts Washington e James Booker, che lo indusse a tentare la carriera da chitarrista. E sarebbe riuscito anche in quello se non fosse stato per un colpo di pistola accidentale che lo colpì ad una falange (link all’episodio).

    L’articolo completo: http://www.spaghettiblues.it/Articoli.html

  • Quello che non ho letto su Dr. John

    Quello che non ho letto su Dr. John

    Ad un mese circa dal trapasso del pianista, cantante, songwriter Dr. John, al secolo Malcolm John “Mac” Rebennack, sono tante le riflessioni che passano per la mente di chi, nel suo piccolo, ha provato e prova tutti i giorni a rendere la sua musica un po’ più conosciuta al pubblico.

    Prima cosa: il 7 giugno è andata in scena la solita ipocrisia all’italiana. Fiumi di condivisioni di “Such a Night”, prevedibile, visto che su YouTube è il primo risultato di ricerca. Non vi siete degnati nemmeno di ascoltare un suo album per intero. Figuriamoci inserirlo in repertorio.

    Avreste capito che non è né il suo brano più significativo, né quello di maggiore successo. Infatti la sua hit in classifica è stata “Right Place, Wrong Time” e, inoltre, questo brano, insieme a “Qualified”, è a mio avviso il vero manifesto del modo di vedere il mondo e la società del buon Doc. Non di certo la “fantastica serata” (per non tradurre con Smorz’ e light di Renzo Arbore). Come al solito dagli Stati Uniti si parte incendiari e si arriva pompieri in Italia.

    Magari la traduzione della biografia o quella di chi magari conosce l’inglese un po’ meglio di “io l’inglese lo so” o “mio cuggino” avrebbe evitato figure barbine su interviste e affermazioni improbabili: Mac non era un “chitarrista”, era un pianista prestato alle sei corde, convinto di non avere alcuna chance in una scena in cui erano attivi pianisti come Professor Longhair, James Booker, Champion Jack Dupree, Tuts Washington e chi più ne ha più ne metta. Allora decise di restare a galla imbracciando la chitarra che prontamente abbandonò dopo essersi sparato ad un dito.

    Non è una semplice puntualizzazione, né pedanteria, è solo voler rimarcare che Dr. John è stato probabilmente il pianista più completo di New Orleans, una vera enciclopedia di stili (della città e non solo) che non impari tra una dose e l’altra.

    Certo è bella la favoletta del ragazzino che “assorbe” ogni forma di blues ascoltando i dischi del negozio del padre, ma è ancora più vero che la scena cittadina degli anni ’50, inizi anni ’60 era impressionante per un musicista professionista: serate da 6-8 ore ininterrotte di boogie e rock ‘n roll, sessioni di registrazioni in nome e al posto di artisti in tour, incontri musicali non di certo inframezzati dalla fatidica domanda “c’è cachet? Sai io lo faccio per lavoro…”.

    Tra sciacalli e geni, tutti kings, professors and queens, questa è stata la fucina che ha formato un vero e proprio Originator. Sarebbe stato questo il termine più corretto per definirlo, mentre stride qualsiasi altro appellativo, soprattutto di genere. Un Originator è un artista che riconosci dalla prima nota del disco.

    Ma prima di diventare tale, Mac è stato soprattutto un umile apprendista di ogni forma di musica popolare americana, un potente condensatore di stili, di tecniche, non solo pianistiche ma anche in termini di composizione e arrangiamento. Un artista con una visione di suono parallelo alla rivoluzione hippie, alla beat generation, alla psichedelia. al jazz, sopravvivendo ad esse e restando fedele alle proprie origini.

    Soprassiedo sui “gezzisti professionisti” che con la mano destra condividono link per essere eletti migliori gezzisti di questa o quella rivista (non di certo la notizia della scomparsa di un “pianista Ragtime“, omissis), mentre con la stessa mano avrebbero potuto aprire qualche album del Dr. John e magari svegliare la mano sinistra dall’atavico torpore studiando l’uso che Lui ne faceva della propria mano sinistra, con sole 4 dita e mezzo.

    Del resto in un paese che non distingue il Ragtime dallo Stride, il Dixieland dal New Orleans, il funk dai secondline, per i direttori artistici di festival autoproclamatisi “New Orleans” è facile spacciare programmazioni da anni ’20 con la vera musica del Big Easy.

    Un’ultima considerazione al vetriolo non posso che riservarla a quelli che, a volte imparentati con quelli di prima, “il blues è musica da neri”, “la musica della sofferenza”, “la black music”. Questa volta mi sono perso le vostre considerazioni razziste (sì, esatto, rimarcare differenze che non esistono è razzismo). Quando aprirete un libro di storia di New Orleans sarà sempre troppo tardi.

    La mia grande consolazione è il successo che riscuote la musica di Mac nel pubblico più sincero, quello che ha l’apertura mentale di ascoltare qualcosa di diverso, quello che si lascia emozionare dalla potenza di un messaggio che in questo paese sarebbe ancora nuovo dopo 50 anni.

    Vito Schiuma

    Discografia essenziale

    Gris-Gris
    Dr. John’s Gumbo
    In the Right Place
    Desitively Bonnaroo
    ZuZu Man
    Locked Down
    Dr. John plays Mac Rebannack

  • Vito Schiuma in Argentina per 2 prestigiose date

    Da Alfredo Luigi Schiuma a Charles Bukowski

    Non vi nascondo la soddisfazione nell’annunciare le 2 date che mi vedranno coinvolto il 26 settembre e il 3 ottobre a Buenos Aires. Le due serate, che si terranno in contesti per me particolarmente suggestivi, saranno dedicate a due figure importanti per il mio percorso da compositore, sia in termini di crescita sia per il precedente (Oltremare) e il successivo lavoro discografico. Il mio prossimo album conterrà infatti composizioni ispirate e liberamente realizzate su alcuni dei più bei testi poetici dello scrittore americano Charles Bukowski.

    Due location d’eccezione

    La prima serata, il 26 settembre, sarà dedicata alle nuove composizioni, che avrò quindi il privilegio di presentare in anteprima davanti ad un pubblico accademico e di notevole prestigio, e si terrà presso il

    Conservatorio di Musica Generale di San Martin – Buenos Aires – intitolato appunto al mio ascendente, il compositore e violinista “Alfredo Luigi Schiuma” per il notevole contributo che ha dato alla fondazione del Conservatorio stesso e alla musica colta argentina in generale.

    Il secondo concerto sarà dedicato interamente alla figura di Alfredo Schiuma e avrò la possibilità quindi di riproporre i brani dell’album Oltremare, insieme ad alcune composizioni per pianoforte di Alfredo stesso. Particolarmente sentita sarà la dedica ad Elsa Angelica Schiuma, nipote di Alfredo e figlia dell’illustre pianista Armando E. Schiuma, recentemente scomparsa. Questa serata si svolgerà nella straordinaria cornice del teatro del Complejo Cultural Plaza di San Martin.

    Una programmazione di Puglia Sounds Export 2018

    Questo mini tour sarà possibile grazie al sostegno di Puglia Sounds (Teatro Pubblico Pugliese), che nell’ambito del bando Puglia Export 2018 ha ritenuto valido il progetto e lo ha inserito nella programmazione per il periodo settembre-dicembre di quest’anno. I bandi Puglia Export promossi da  Puglia Sounds sono un’importante ed esclusiva iniziativa della Regione Puglia e danno la possibilità agli artisti locali di poter portare la propria musica e i suoni della nostra regione in tutto il mondo. Oltremare aveva già accolto il favore della commissione giudicatrice quando nel 2015 ha rappresentato da solo la musica pugliese nel progetto di internazionalizzazione al PAMS di Seul, in Corea del Sud.

    Un grande ringranziamento alla Comisiòn Schiuma e Nicolàs Greco

    Last but not least, il mio più grande ringraziamento al Professor Nicolàs Greco, docente del Conservatorio “Alfredo L. Schiuma” per avermi invitato a suonare in queste due prestigiose serate e per avermi coinvolto in un progetto di recupero e valorizzazione delle opere degli Schiuma in Argentina, importante lavoro che la Comisiòn Schiuma svolge da anni anche grazie al contributo dei discendenti degli artisti stessi.

    Vito Schiuma

  • Non sottovalutate Ezio Bosso

    Sconosciuto ai più, Ezio Bosso è il classico Nemo propheta in patria. Non che il riconoscimento in Italia mancasse prima della celebre esibizione al Festival di Sanremo, ma certo non era un fenomeno di massa come altri suoi colleghi. Di certo vergognose sono le insinuazioni circa il successo legato alla malattia del Maestro: nulla ha a che vedere con il suo successo (per altro già inoltrato) e di cui mi rifiuto di parlare in questo articolo.

    Ezio Bosso è un pianista, compositore e direttore d’orchestra dal curriculum stellare, con riconoscimenti che vanno dal Green Room Award australiano al Syracuse New York Award degli Stati Uniti. Ancora più significative sono le sue collaborazioni con orchestre di mezzo mondo, dalla London Symphony Orchestra, alla Filarmonica del Regio di Torino e l’Orchestra dell’Accademia della Scala di Milano.

    Guai a ingabbiarlo in una definizione, Ezio Bosso è un musicista completo e per tale vuole essere trattato. Nei suoi concerti esegue indistintamente autori di musica classica e contemporanea, oltre che se stesso. Ezio Bosso non è solo un profondo conoscitore della musica, è una mente aperta, un artista spugnoso pronto ad incontrare il nuovo e ad accoglierlo come può solo chi ha personalità e fermezza d’animo. 

    Il linguaggio musicale di Ezio Bosso può sembrare semplice, molto facile può risultare accostarlo ad altri colleghi quali Giovanni Allevi e Ludovico Einaudi, i cosiddetti minimalisti o neoclassici. Ma Bosso è di un’altra razza, la linearità del suo pensiero melodico è l’espressione di un metodo compositivo ragionato in senso spaziale e temporale, di cui vi è un tratto tipico che spicca rispetto al resto: quello che definirei un crescendo bossiano. Uno spazio e un’intensità sonora che si espandono pian piano fino a raggiungere la massima espressione concettuale, una sorta di riflessione introversa che rende la forma superflua e il risultato massimo. Un esempio è il brano “Split, Postcards from Far Away The Tea Room” all’album “12th Room”, nel quale fa anche uso di elettronica e cori di voci. 

    Tra i suoi album il mio preferito è Symphony No. 1 “Oceans” per la sua grande capacità descrittiva, i titoli sono sempre programmatici e non casuali. I brani stupiscono per la straordinaria abilità di giocare con i suoni dell’orchestra, ponendoli al servizio dell’esigenza espressiva del compositore.

    Altrettanto riuscito è l’album Music for Weather Elements, un manifesto della musica descrittiva in cui ricade con piacevole frequenza. In questi album trasforma quello che in altri autori può essere ripetitivo e banale in punti di forza: gli accordi spezzati, gli arpeggi ripetuti e il ritmo incalzante e ricorrente diventano lo spazio sonoro in cui operare scelte armoniche non scontate e melodie in continua evoluzione.

    Apprezzo molto del Maestro Ezio Bosso la sua capacità di essere sincero e genuino nella musica, la forza di non lasciarsi condizionare dalle avanguardie che lo circondano, di non lasciarsi intimorire dai giganti del passato e soprattutto dalla frenesia della modernità che spesso induce il compositore a ricercare l’astratto, il complicato e il diverso, piuttosto che l’emozione e la pura espressività, qualunque essa sia. 

    Vito Schiuma
    Riferimenti: www.eziobosso.com

  • Professor Longhair, l’intimo ritratto di sua figlia Pat Byrd

    Professor Longhair, the best thing that ever happened to the New Orleans Piano

    (James C. Booker)

    Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di uno dei pianisti più influenti di sempre per il blues, il r&b e il New Orleans piano: Professor Longhair (1918 – 1980). Al secolo Henry Roland “Roy” Byrd è secondo molti l’anello di congiunzione evolutivo tra i pianisti di influenza afrocubana, ma ancora legati allo stride e al ragtime, e i nuovi pianisti del secondo dopoguerra, dando vita ad almeno due o tre generi di successo mondiale: il rumba blues (definito così dal Professore in persona), il New Orleans funk e il Rhythm and blues. Nato a Bogalusa, si trasferisce presto a New Orleans dove ha la possibilità di ascoltare pianisti come Kid Stormy Weather, Sullivan Rock e Tuts Washington. Quest’ultimo, appena dieci anni più grande, prova a insegnargli i principi dello stride piano, ma Fess, dotato di una mano sinistra troppo piccola per poter arrivare alle famose decime, fa di necessità virtù: inventa la tecnica del “rolling” della mano sinistra. Le differenze stilistiche sono meravigliosamente descritte nel documentario Piano Players Rarely Ever Play Together (recensione).professor longhair

    La carriera del Professor Longhair inizia ballando e suonando nei locali del quartiere e negli anni ’30 scrive la maggior parte dei brani che lo avrebbero reso famoso negli anni successivi al 1948. Prima di allora continua ad affinare il proprio stile, imparando e ispirandosi ai più disparati generi che fiorivano in città: dalla Spanish Tinge di Jelly Roll Morton (vedi The Crave), alle band latinoamericane, la musica cubana, le influenze Calypso e il beat della rumba. E, non per ultimo, il blues, perché in fin dei conti il grande contenitore dei suoi successi sono un misto tra blues standard da 8 o 12 battute. La vita da bluesman nella New Orleans di quegli anni è tutt’altro che campi di cotone e spirituals. Fess adorava giocare a carte e per gran parte della sua vita considerò le opportunità del gioco di gran lunga più redditizie di quelle di un’attività da concertista. Non era certo l’unico e nemmeno l’ultimo.

    Al termine della guerra, New Orleans riprende a pullulare di locali notturni e Fess inizia nuovamente a farsi notare per la freschezza della sua musica, per i ritmi sferzanti e la voce morbida e impostata. Nel 1948 Mike Tessitore scopre il suo talento e gli trova il nome d’arte di Professor Longhair, ispirato alla sua acconciatura. La sua musica continua a stupire, i ritmi a travolgere e a far ballare gli avventori, alcuni brani tra cui “Baldhead” e “Mardi gras in New Orleans” iniziano a circolare in città, la prima diventa un successo nazionale. La capacità di Fess di rendere brani dei suoi colleghi concittadini ancora più travolgenti, così come l’incredibile abilità nell’associare ai ritmi incessanti della mano sinistra riff orecchiabili e percussivi con la mano destra, lo rendono un artista unico e irripetibile, un raro esempio di pianista senza alcuna formazione scolastica, ma con la straordinaria capacità di rifondare un genere pianistico (e non solo) che pure poteva già contare fenomeni come Jelly Roll Morton, Tuts Washington, Fats Domino, Champion Jack Dupree. Questi ultimi, in aggiunta al Dr. John, avevano anche l’abitudine di sporgersi dalla finestra della sua shotgun house per scorgere i movimenti delle mani sulla tastiera e imparare qualcuno dei suoi beat.

    professor longhair
    Quando nel 1970 viene invitato a suonare al neonato New Orleans Jazz and Heritage Festival, Professor Longhair versa in difficoltà economiche e di salute a causa di un infarto. Sul palco, a quei tempi in Congo Square, la sua musica si trasforma in godimento per le orecchie degli increduli spettatori e tutti iniziano a chiedersi come mai non avesse ottenuto la meritata notorietà. Detto fatto, nel 1972 suona al rinomato festival del jazz di Montreux, con Allen Toussaint e The Meters. Nel 1975, pur affermando di non aver mai sentito parlare dei Beatles, viene chiamato da Paul McCartney a suonare ad una festa privata sulla nave da crociera Queen Mary. Negli ultimi anni della sua vita, Fess fu spesso sostenuto e supportato dalla riconoscenza e ammirazione dei suoi fan, ormai diventati star di livello internazionale, su tutti Dr. John e Allen Toussaint, che per primo lo definì il Bach del Rock ‘n roll.

    L’importanza del Professor Longhair è probabilmente ancora oggi sottovalutata per il contributo alla nascita e allo sviluppo del Funk e del Rhythm & Blues, come prodotto di una grande commistione tra i ritmi afrocubani, il Calypso, il blues e i ritmi dei nativi americani, possibile solo in quel grande crogiuolo di culture che è ancora oggi New Orleans.

    Per i 100 anni dalla nascita di Fess ho tenuto una conversazione con sua figlia Pat Byrd, impegnata con la passione e l’amore di una figlia nella valorizzazione del patrimonio lasciato dal Professore.

    D. Che tipo di padre è stato per te Fess?

    R. Fess è stato un padre giusto e molto protettivo. Mi ha insegnato i fondamenti della vita, mi ha insegnato a pregare giorno e notte, ad aver fiducia in Dio e a resistere nonostante tutto e tutti. A livello emotivo mi ha insegnato a voler bene agli amici e a pregare soprattutto per i nemici. Mio padre non si è mai lasciato scoraggiare dalle circostanze, mi ha sempre spronata a trovare un modo per far funzionare le cose: è così che abbiamo superato molte tempeste. Diceva sempre “Se un uomo non lavora, non mangia”.

    Mio padre è stato tutto per me, un insegnante, un migliore amico e, nonostante avesse un livello d’istruzione da terza elementare, mi ha insegnato a leggere e scrivere e quanto importante sia l’istruzione nella vita. Solo lavorando duro si possono ottenere risultati. Credo di dovergli molto. Ricordo che spesso diceva “Ogni problema ha una soluzione, quando non c’è una soluzione allora non c’è nessun problema. Vai avanti”.

    D. Ci puoi parlare della tua casa/museo a New Orleans?

    R. Non è esattamente un museo, è più una stanza dei ricordi di Fess e Pat Byrd (Dal film con Kevin Costner e James Earl Jones – L’uomo dei sogni) come desideravano entrambi i miei genitori, specialmente mio padre – 40 anni fa – e mia madre – 28 anni fa. E’ stata anche l’ultima volontà di mia madre, quella che io tenessi la casa, così da preservare il legame tra essa e i ricordi personali dei miei genitori. Ci sono molte fotografie dei suoi viaggi e di altri musicisti che mio padre ha collezionato per tutta la vita. Alcuni ricordi sono personali, ma le due camere della memoria sono aperte a tutti.

    D. Ha mai avuto degli allievi a casa?

    R. Da piccola mi ha insegnato qualche nota nel tempo libero. Mio fratello più grande, Anthony, è stato la sua ombra sin dalla nascita. Mio padre gli insegnava qualcosa al piano, quando non giocavano con le macchine radiocomandate o non erano in cucina (ride).

    D. Come e quando scriveva la sua musica?

    R. Alcuni dei dischi di mio padre risalgono agli anni ’30 e ’40, registrati con diverse etichette, tra cui l’Atlantic Records, Mercury Records e la Dancing Cat Records (Mr. George Winston, negli anni ’70). E’ estremamente difficile datare con esattezza i suoi brani: Fess aveva l’abitudine di riarrangiare regolarmente la propria musica, soprattutto dal 1940 al 1979. Ogni disco è stato riscritto e registrato diverse volte, anche con titoli diversi.

    D. C’è un aneddoto in particolare che vorresti raccontare?

    R. La storia che il Dr. John racconta nel suo libro, della sdraio verde con il telecomando fatto in casa, piace sempre a tutti. Mac (Malcom John “Mac” Rebennack, ndr) faceva spesso visita a casa nostra, un giorno si fermò un po’ più a lungo e la casa era piena di dispositivi meccanici, perché mio padre aveva subito un infortunio al ginocchio: telefono, televisione, radio, una lampada e una macchina radiocomandata che aveva acquistato per suo nipote (mio figlio Anthony).

    Mio padre decise quindi di creare un telecomando collegando questi fili tutti insieme su un pezzo di legno per poi inserirlo in un foro del bracciolo della sdraio, così da non alzarsi continuamente. Mac continuava a ripetere tutto il giorno “Fess, non sei preoccupato che quell’affare possa prendere fuoco?”. Fess rispondeva che era tutto isolato con il nastro nero, che non ci sarebbe stato alcun problema. Fess continuava a ripetere di aver inventato un nuovo gadget e mentre lo mostrava a Mac dalla sedia inizio a uscire del fumo, la nostra cagnolina Pretty Girl si fiondò fuori dalla porta, mia madre, Mac e mio padre lasciarono la casa, io ero nell’altra stanza, piegata in due dalle risate mentre mio padre mi intimava di uscire. La sedia si incendiò e arrivarono i pompieri a spegnere l’incendio. Gli suggerirono di non provarci più.

    D. Che tipo di carriera artistica sognava?

    R. Per me mio padre è stato un dono di Dio a tutte le culture musicali del mondo. Un talento inimitabile e irripetibile, che amava esibirsi davanti al pubblico e intrattenerlo sia sul palco che al termine dei concerti. Mio padre ha ottenuto esattamente quello che sognava, ossia esibirsi e riscuotere successo in tutto il mondo fino ai suoi ultimi giorni.

    D. Ti risulta abbia mai suonato in Italia?

    R. Non che io sappia.

    D. Pensi che negli ultimi anni Fess stia ricevendo sempre più riconoscimenti?

    R. Certo, negli ultimi 43 anni, dal Jazz and Heritage Festival tenuto a Congo Square nel 1970 sino ad oggi mio padre si è fregiato di grandi riconoscimenti. Qui a casa nostra ho il piacere di accogliere persone da tutto il mondo, fan che adorano la sua musica, anche prima che la “stanza dei ricordi” diventasse una realtà. Gli ultimi 4 anni sono stati assolutamente straordinari, grazie ai turisti accorsi, non avrei mai immaginato tanto affetto da parte degli amici e fan di Fess.

    D. C’è qualcosa che vorresti dire ai fan italiani di Fess?

    R. Vorrei sottolineare ancora quanto Henry Roland Byrd, Professor Longhair, sia stato un dono di Dio al mondo della musica. La sua musica vivrà nei nostri cuori e nelle nostre anime per sempre. Manteniamo vivo il ricordo!

    Vito Schiuma

    (Photos courtesy of Pat Byrd)
    Riferimenti:
    Under a Hoodoo Moon (Dr. John)
    Musical Gumbo – The Music of New Orleans (Grace Lichtenstein and Laura Dankner)
    Fess UP (DVD)
    Ascolti consigliati:
    Crawfish Fiesta – Professor Longhair
    Rock N Roll Gumbo 
    Crawfish Fiesta 

  • Chopin, il diavolo e il pianoforte nostalgico

    La trama del Faust sembra percorrere trasversalmente l’intero ‘800, senza risparmiare virtuoso alcuno. E se molti conoscono i legami di Paganini e di Liszt e i loro presunti patti con il diavolo, pochi sono a conoscenza del fatto che al povero Chopin toccò avere a che fare con fenomeni che oggi definiremmo paranormali.

    Sembra infatti che Chopin, in partenza per dei concerti a Vienna, lasciò un vecchio pianoforte nel suo appartamento di Zelazowa-Wola. Un pianoforte cui era molto legato per via degli intensi studi giovanili.

    Al suo debutto a Vienna la sala era piena, ma il pubblico leggermente freddo ai suoi primi pezzi. Almeno fino al Notturno in Si minore, per il quale gli applausi furono frenetici, entusiasti.

    Chopin aveva vinto! Le sue dita volavano sul pianoforte: gli accordi si spandevano per l’aria, e quei gemiti sonori strapparono lacrime a qualche bella fanciulla. Finalmente, stanco, spossato, egli lasciò penzolare le braccia lungo il corpo, e il suo sguardo si fissò vago, indefinito per lo spazio, quasi in cerca di quella mistica figura che lo aveva ispirato, mentre la sala echeggiava per nuovi applausi frenetici.

    Ma egli non si scosse, tese l’orecchio, con una mano invitò tutti al silenzio e, fra lo stupore generale, avvenne il fatto più strano che fantasia di tedesco possa immaginare.

    Dapprima indistinto, ma a poco a poco più chiaro, preciso, pezzo per pezzo, si riudì tutto quanto aveva suonato Chopin. Non una nota cambiata, non una sfumatura di meno: tutto, tutto, identico, preciso. Si avrebbe giurato che lo stesso Chopin, ad una distanza incalcolabile, ripeteva il suo concerto sopra un pianoforte fatato. E l’illusione fu tale che molti s’avvicinarono difatti a Chopin per vedere se Belzebù non lo avesse trasportato altrove.

    Ma Chopin, pallido cadaverico, cogli occhi sbarrati, immobili da parere quelli d’un pazzo, non perdeva uno di quei prodigiosi suoni. Il giorno dopo, a Vienna, non si parlò che di questo fatto meraviglioso e tanta fu la curiosità in tutti, che al secondo concerto, per quanto i prezzi fossero elevatissimi, la sala non poté contenere che una quinta parte delle persone accorse. Il concerto ebbe luogo, e dopo, fra l’ansia generale, si riprodusse il fatto della sera prima, con una sola ma terribile variante.

    Al vibrar dell’ultimo accordo si udirono come migliaia di corde metalliche infrangersi mandando un suono stridente, forte, lamentevole.

    Tutta la sala sussultò e Chopin cadde come corpo morto al suolo.

    Interrompendo il suo tour di concerti, il pianista polacco tornò a Zelazowa-Wola, nella speranza di ritrovare pace e serenità. Ma qui ebbe la più grande sorpresa.

    Appena il portinaio lo vide:

    <<Ah! Signor Chopin! Ma nel partire avete forse chiuso il diavolo nella vostra stanza?>>

    <<Perché?>>

    <<Perché? E lo domandate? Ma non sapete che sono due sere che nessuno può dormire in questa casa! Quella vecchia carcassa del vostro pianoforte, proprio dalle undici all’una precisa, suona alla più bella. Sarebbe un piacere a udirlo se i suoi concerti li desse in un’ora meno impropria.>>

    Chopin non volle ascoltar altro. Salì a due a due i gradini della scala e trafelato ed ansante giunse all’uscio della sua stanza.

    Corre al suo vecchio pianoforte che trova nello stato più miserevole che si possa ideare. Era aperto e scoperchiato, i tasti affondati come se un grosso martello li avesse percossi: e le corde aggomitolate come tante serpi giacevano ai lati del povero strumento.

    A Vienna si riseppe subito tal cosa per mezzo dei giornali, ed allora un critico musicale che aveva narrato già la prima parte di questa strana storia subito scriveva: <<Ora tutto ci è noto. Il concerto invisibile cui assistemmo non era prodotto che dal vecchio pianoforte di Chopin. Questi nel partire aveva di troppo addolorato quel povero istrumento compagno ed amico suo, e nelle corde del quale egli aveva trasfusa la sua anima. Durante la lontananza di Chopin il vecchio pianoforte si lamentò col ripetere alla prima sera, eco innamorata, tutti i pezzi eseguiti dal suo amato padrone. Separavo forse che questi ritornasse subito al giorno dopo. Ma così non fu. Il pianoforte allora fece riudire accordi di pianto, melodie di dolore e il suo cuore – le corde – si spezzò.>>.

    Storia tratta da “La Musica Popolare” del 1882. Autore Der Träumer.

    Vito Schiuma

  • Quando il jazz salvò New Orleans dall’Uomo con l’ascia

    Se sei mai stato a New Orleans sai bene che è una tra le città più pericolose degli Stati Uniti. E anche la sua storia è ricca di omicidi efferati ed episodi di violenza ai limiti della leggenda.

    Si sprecano infatti storie e vicende di vampiri, zombie e regine Voodoo tra episodi di cronaca e racconti di pura invenzione alimentati da una cultura che fa delle folk tales un proprio tratto distintivo.

    Ma tra le storie più bizzarre, realmente accadute, vi è la storia dell’Uomo con l’ascia. Un serial killer realmente esistito che tra il 1918 e il 1919 lasciò dietro di sé una scia di sangue e gettò nel terrore un’intera città.

    Ben 6 le vittime uccise e altrettanti feriti a colpi di ascia, l’arma prediletta dello psicopatico, il quale entrava dalla porta sul retro della casa del malcapitato, cercava un’ascia in casa e aggrediva le vittime nel sonno. Lasciando poi l’ascia insanguinata sulla scena del crimine.

    Alcune delle vittime si salvarono e descrissero l’aggressore come un uomo grande e scuro (o vestito di scuro). La maggior parte dei malcapitati erano di origine italiana, tanto da far pensare a moventi razziali o di malavita (tanto per cambiare).

    Mentre si organizzavano ronde armate e la polizia raddoppiava i turni, l’assassino inventa un espediente che lo avrebbe consegnato alla storia della città.

    Il 13 marzo 1919 scrive una lettera al giornale The Times Picayune, dicendo che non lo avrebbero mai preso perché troppo intelligente per la polizia e perché in rapporto diretto con la Signora della Morte.

    Annuncia inoltre che quella stessa notte avrebbe colpito di nuovo, ma che, essendo appassionato di jazz, avrebbe risparmiato tutti quelli impegnati nell’ascolto o nella produzione di musica jazz.

    Quella notte nei locali si registrarono presenze senza precedenti, nelle case si suonò per tutta la notte e non ci fu nessun omicidio. L’uomo con l’ascia non sarebbe più tornato, forse perché entrato finalmente nella casa sbagliata o arrestato per altri crimini.

    Ovviamente la paternità della lettera non poté mai essere verificata, ma resta il fatto che ancora una volta il Jazz è riuscito, seppur nella leggenda, a salvare quella che è una città con un destino già scritto.

    Vito Schiuma