Per anni è rimasta su questa pagina la classica, fredda elencazione di titoli e onorificenze. Eppure non sembrava definirmi realmente. I diplomi, le lauree, il Conservatorio, l’Università, un’impostata fotografia che poco racconta di quello che vibra e risuona. Dice di più l’introspezione genealogica che mi ha portato a scoprire un’intera ascendenza di musicisti, tra cui Alfredo Schiuma e Armando Schiuma, prima di loro Raffaele e Luigi Schiuma, un sarto e un falegname di Spinazzola, che hanno dato il via alla tradizione. Quel ricco bagaglio europeo di musica scritta, di ritmi popolari e grandi melodie, il gusto per il raffinato, i quartetti d’archi e l’opera. La Puglia delle botteghe nei sottani che si trasformavano in sale prove e concerto, la musica colta alle feste patronali. Di me dicono di più Cuore di Tenebra e la Spiaggia di Falesà, La Guerra dei Bottoni e il Corsaro Rosso, ma anche il buio adolescenziale a districare le mille voci del Clavicembalo ben temperato, il sole del Concerto in Fa maggiore, la Patetica e l’Appassionata. Dice di più il verde paesaggio della Baviera e il fiume Düssel, dove decifrare i suoni di una lingua durissima e profondissima ha significato interpretare una Weltanschauung da ammirare e rifuggire. I ritmi sincopati di Scott Joplin continuavano a chiamarmi, li suonavo quando mi andava di suonare, da sempre. Mi parlavano di un mondo che aveva saputo contrapporre un sorriso immanente alla tragedia del vivere. Una ricostruzione che mi è stata chiara solo anni dopo all’aeroporto Louis Armstrong, a Congo Square, gli ottoni che vibrano talmente forte da non sembrare poter resistere a quella fragile forma. E più vibrano e più nitida si materializza la speranza e il senso di libertà del Nuovo Mondo. Dicono di me più le composizioni che non vi ho fatto sentire e gli ascolti di cui non vi ho parlato. Di più Pomps and Pride o le Sequenze e le Sacre du Printemps in uno stesso giorno di qualsiasi elencazione di festival e concerti. Dice di più la mia difficoltà a fare di me stesso un personaggio, come richiede l’attuale legge della socialità di successo, perché non posso promettere di smettere di scrivere per gli slums o per le élite culturali (se esistono ancora). Non posso promettere di smettere di considerare le ombre di un inconscio collettivo e unirmi all’uccisione dell’Albatro. Not today.
Non riesco a sintetizzare il mondo in poche e semplici parole, in pochi e banali colori, in poche e sommarie definizioni.
Molto di più, di me, vi sapranno dire i miei studenti per i quali tutti i giorni mi soffermo a riflettere su come posso evitare l’inevitabile, risparmiare loro i peggiori difetti dei miei peggiori insegnanti, provando a infondere le migliori conclusioni dai migliori insegnamenti. Probabilmente quest’ultima è la più nobile e delicata funzione che io sia mai stato chiamato a svolgere.
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