Vito Schiuma

Pianist, Composer, Musician.

Tag: musica classica

  • La musica classica contemporanea non esiste

    Si sprecano gli opinionisti su vecchi e nuovi Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi, Ezio Bosso, ecc. Sempre seduti dalla parte del torto i poveri ascoltatori/fan, rei di apprezzare una musica che in qualche modo evoca in loro emozioni, anche forti stando alle mie fonti.

    La musica classica contemporanea

    Poi ci sono i veri compositori. Quelli che gli accordi li scrivono in rivolti e le modulazioni le fanno preparate. Quelli che però scrivono dalla cattedra di un Conservatorio e per cui vendere CD, partiture, concerti e un’attività di basso commercio. Le loro composizioni possono essere comprese solo da pochi e buoni.

    Salvo poi definirsi compositori di musica classica contemporanea. Sappiate, voi che condividete le loro disamine pseudo-obiettive, che la musica classica contemporanea non esiste. Non esiste perché il termine classico è già usato in maniera errata per definire musica di genere tonale – Bach, Mozart, Beethoven, per intenderci – ulteriore danno si fa quando si vuole intendere la musica scritta, composta, non estemporanea (la musica classica non lo era?). Insomma tutto tranne jazz, pop, rock e folk.

    L’ossimoro generalmente accettato

    Questa definizione è ancora più sbagliata perché ciò che è contemporaneo non può essere in nessun modo riconducibile al passato. Mi spiego, se indosso un abito medievale sto riproponendo qualcosa del passato (tutto da vedere), ma questo non fa di me un uomo medievale.

    Il contemporaneo implica un hic et nunc della composizione: scrivo perché sono un Uomo che vive in un mondo, in un’epoca ben precisa, descrivendo e interpretando la realtà o le emozioni con la mia personale chiave di lettura.

    Non si capisce perché ciò che è scontato per l’architettura, la pittura e la letteratura non debba essere valido anche per la musica.

    Gli innovatori

    Se c’è qualcuno dei suddetti compositori, e non solo, che fa riferimenti a stilemi musicali del passato – pazienza, non piacciono nemmeno a me – questo non li rende classici, li rende contemporanei che non innovano. Così come non innovano tutti gli altri che si ispirano al neo romanticismo, non innovano gli atonali, i jazzisti, i dodecafonici, i cacofonici, i seguaci di Darmstadt, quelli che “la musica è in me” ecc.

    La musica è contemporanea per il solo fatto di essere scritta al contempo in cui viene ascoltata. Prima lo capite, prima la finirete di arrovellarvi con disamine che puntano a classificare alcuni come inferiori e voi come superiori.

    Il successo non sarà un metro di giudizio giusto, non lo è mai stato, ma nemmeno l’analisi armonico-formale lo è più, ormai. La musica si scrive per intrattenere, elevare gli animi, emozionare. Certo non per innovare. Questa dovrebbe essere una conseguenza della nostra sensibilità di compositori.

    Abbiate un po’ di coraggio

    Abbiate il coraggio di ammettere che siete compositori non innovatori o innovatori che non emozionano perché non basta creare un ossimoro per sciogliere questo, unico e vero, dilemma.

    Vito Schiuma

  • Non sparare su Giovanni Allevi

    La mia piccola riflessione su Giovanni Allevi.
    Va bene, abbiamo capito. Dovremo aspettare ancora qualche secolo prima di ammirare il nuovo Mozart. Sì, chiaro. Anche J. S. Bach costruiva fughe e messe come ombrelli per ripararsi dalla pioggia di critiche di puristi, onniscienti del contrappunto, custodi di verità assolute. Salvo poi questi fare la figura del Salieri di turno. Ma questo non è il caso di Giovanni Allevi. La sua musica probabilmente non è avanti anni luce come quella del Maestro della Fuga.
    Eppure mi dicono che Giovanni Allevi divida. Concerti soldout, teatri pieni e vendite record dei dischi. Centinaia di migliaia di fan. Tutti incompetenti e figli di un livello culturaLe musicale mai così basso nella storia del Bel Pease. Dice l’altra metà.
    Ma chi si schiera in questa metà? Senz’altro gente che se ne intende, di musica. Uto Ughi, Saturnino, Beethoven stesso, jazzisti, insegnanti di conservatorio, accademici. Insomma gente che dovrebbe possedere i canoni di valutazione di un prodotto artistico. Se non fosse che questi canoni non esistono. Mi dicono che la sua musica sia di basso livello, nulla di innovativo, da quinto anno di conservatorio, banale, sicuramente potrete aggiungere altri apprezzamenti tra i commenti. Ma allora cosa ne ha determinato il successo? Se è musica così scadente, sarebbe dovuto essere un flop come tanti altri raccomandati. Premettendo che non credo molto nelle raccomandazioni, perché puoi raccomandare tutto ma non qualcosa che devi vendere e in questo semplice principio rientrano anche le allusioni a case discografiche e sponsor che spingono il “personaggio”. In sostanza migliaia di persone vanno ai suoi concerti perché plagiate. E quando anche i più arguti degli argomentatori rimangono a corto di complotti ecco che si sentenzia sul basso livello musicale italiano.
    Non sparate su Giovanni Allevi
    Proprio quando vedo una così grande sproporzione mi sorge il dubbio che la critica sia un fenomeno sociale che va al di là della mera espressione di apprezzamento o disapprovazione. Ma facciamo un passo indietro.
    Allevi_by-Gianluca-Sarago3.jpg

    Sulla base di cosa si giudica Giovanni Allevi? Devo dire che il 90% rimane vago e fin qui siamo bravi tutti. Qualcuno si esprime sulla semplicità della scrittura armonica, la poca elaborazione delle idee melodiche, la ripetitività spesso non variata, la forma non colta delle sue composizioni. Insomma tutto molto relativo, se tralasciamo i vaneggiamenti del compositore stesso che sull’onda del successo si annovera tra i neoclassicisti con paragoni con i Grandi Maestri spesso più pubblicitari che giustificati. Tuttavia l’aggressività verso Allevi mi pare eccessiva, senza nemmeno entrare nel merito di un’analisi della partitura e soprattutto del personaggio. Davvero credete che sia la massima espressione del basso livello culturale italiano? Insomma, dopo le vagonate di artisti che siamo costretti a sorbirci tra Sanremo, talent e anni ’90/2000 di ogni genere, che al solo chiamarli artisti muore un albero. Dopo che abbiamo le tv inondate da personaggi che non sono in grado di scrivere una scala di qualsiasi genere sul pentagramma, abbiamo un pianista che non fa pop e non fa jazz e crea un proprio seguito, un pubblico che va ai concerti, acquista dischi e riscopre la bellezza del pianoforte, strumento ormai in picchiata nel gradimento dei giovani. Un compositore apprezzato dai pubblicitari, che vende su iTunes e che magari fa scoprire ai suoi fan un autore veramente classico solo per il fatto di trovarsi nella stessa categoria dei digital store. Per voi è questo il male assoluto della musica italiana?
    Una volta tanto chi lo critica dovrebbe metterci al corrente di quale contributo epocale si è portato alla storia della musica (oltre che a ottime interpretazioni dei classici come ce ne sono a migliaia), contributo possibilmente scevro di sterile avanguardismo di chi è più alla ricerca di un posto al sole sulla spiaggia degli immortali che un vero e proprio dono di bellezza all’umanità.
    Dal mio punto di vista risulta indubbia la mancanza di lucidità di tali altri Maestri, di cui l’Italia è piena, nel preferire compositori come Einaudi, che non hanno niente di più del pianista capellone, o tali altri jazzisti che si riparano dalle critiche sulla musica composta con lo scudo della musica improvvisata, la cui più grande abilità è rispolverare cover di ogni genere, compresi quelli “incolti” come il pop o il reggae.
    Inutile poi dilungarsi su chi lo critica, dicendo di essersi sbagliato nel dargli fiducia. Come se sia possibile lanciare un artista di un genere tutt’altro che commerciale senza come minimo averne ascoltato l’intero album. Per non parlare di quelli che gli danno del raccomandato e poi suonano alle feste dell’Unità o grazie al politico di turno.
    Spero che da questo mio scritto si evinca che non voglio esprimere alcun giudizio assoluto sulla musica di Allevi, né tantomeno valutare il personaggio che sicuramente non si sforza di farsi piacere, bensì semplicemente esporre un punto di vista puramente musicale, che è sicuramente più propositivo che distruttivo.