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  • Tu scendi dalle stelle, una sorprendente origine 

    È sicuramente uno dei brani natalizi più famosi al mondo e probabilmente tutti, da bambini, lo abbiamo cantato ad una recita natalizia. Eppure, come per la maggior parte del nostro retaggio culturale, ne ignoriamo le origini e soprattutto l’importanza per la nostra identità. Con mia somma sorpresa, quando ho iniziato a frequentare gli ambienti terlizzesi, scopro che quella che tutta Italia chiama Tu scendi dalle stelle, qui viene chiamata Pastorella, in virtù dell’agreste dialogo tra il pastore e le verginelle. Ma veniamo alla questione.

    La querelleFelice de Paù

    La Pastorella viene istituita come canto religioso per la novena di Natale nella prima metà del Settecento grazie ad un editto del vescovo di Tropea, Mons. Felice de Paù. Il vescovo, di ovvia origine nobile, aveva potuto godere di un altissimo livello d’istruzione, sia dal punto di vista letterario che musicale. Le fonti parlano di sue composizioni di ottimo pregio e la sua adesione all’Accademia dell’Arcadia ne suggellano l’indubbio spessore artistico.
    Ora, non c’è nulla di scritto che leghi il testo e la musica della Pastorella terlizzese al suddetto Monsignore, se non la volontà di stabilire per iscritto una prassi per i canti della Novena.
    La querelle inizia quando un altro innovatore della musica religiosa natalizia si intitola la melodia e il testo di quella che oggi tutti conosciamo come Tu scendi dalle stelle, San Alfonso dei Liguori. In realtà nemmeno del Santo sono pervenuti manoscritti, bensì gli viene attribuita una raccolta di canti religiosi a metà Ottocento, per via della sua erudizione musicale e per l’opera di evangelizzazione nelle province del Regno.

    Ma allora chi ha copiato chi?

    I due brani sono simili, affatto uguali, in gran parte del testo delle strofe, come si può vedere da questo confronto. Entrambi i canti sono basati su una melodia che richiama una nenia, ossia la tipica cantilena di una ninna nanna. Finiscono qui le similitudini.
    Il testo della Pastorella terlizzese è chiaramente ispirato ai principi dell’Accademia dell’Arcadia, come sostenuto dallo studioso terlizzese, Don Gaetano Valente, e alterna le strofe ad un ritornello più ritmato, quasi a spezzare la cantilena della nenia. Inoltre la prima strofa della Pastorella terlizzese è completamente assente in Tu scendi dalle stelle, così come i versi di introduzione. Proprio sulla base delle similitudini tra i due testi si è ampiamente dibattuto sull’origine del canto, o meglio sulla sua paternità. Eppure un’analisi musicale consentirebbe a Terlizzi di sottrarsi ad un dibattito che in realtà riguarda più altri paesi (Nola, Napoli, Caggiano, ecc.).

    Mi spiego meglio. Dal mio punto di vista i seguenti aspetti che rendono i brani del tutto diversi.

    La melodia
    Prendendo solo le prime 16 note di entrambe le strofe, solo 4 hanno la stessa sequenza di intervalli (cioè le prime due note e, quindi, la loro ripetizione), tuttavia queste sue note iniziali porterebbero lo stesso nome, ma non gli stessi accidenti, trattandosi di una seconda minore nella Pastorella e una seconda maggiore in Tu scendi dalle stelle. Per intenderci non sussisterebbe alcuna base legale per intentare una causa di plagio. Anche la vocalizzazione della melodia è completamente diversa (si veda la parte “…O Re del cielo…”). A livello di analisi del periodo, la Pastorella è improntata su un periodo in forma di sentence, mentre Tu scendi dalle stelle è in periodo simmetrico, con un secondo periodo contrastante ritmicamente.
    La melodia della Pastorella fa utilizzo di intervalli minori e della caratterizzante scala minore napoletana.

    2. L’armonia
    Tu scendi dalle stelle è un brano costruito su due accordi, quello di tonica e quello di dominante.
    La Pastorella fa uso di toniche e dominanti secondarie, conferendo alla melodia maggiore articolazione. C’è anche da dire che nel caso della Pastorella il canto viene eseguito in forma monodica, è quindi difficile dare un’interpretazione armonica alla melodia. Di particolare rilievo è l’utilizzo dell’accordo di sesta napoletana, molto utilizzato nella musica popolare e colta del Settecento. Ma su questo torneremo in seguito.

    3. La modalità
    Tu scendi dalle stelle è in modalità maggiore, nella maggior parte dei casi in Do o in Re maggiore.
    Al contrario la Pastorella terlizzese è in modalità minore nella parte della strofa e maggiore nel ritornello ritmato. Una differenza, tra i due brani, pari a quella tra il giorno e la notte. Due atmosfere completamente diverse, la tonalità maggiore per antonomasia trasmette tranquillità e gioia, quella minore è caratterizzata da sfumature di malinconia e tragicità, soprattutto negli intervalli di semitono e, nel caso della Pastorella, nel ritardo della terza alla fine della strofa.

    5. Il ritmo
    Come si può vedere dalla figura sopra, anche il ritmo delle due melodie è del tutto contrapposto, pur essendo entrambe in forma di nota puntata (nella figura, in tempo binario composto), come tipico delle ninna nanna.

    4. Le origini
    Veniamo così a quella che secondo me è la differenza più netta tra i due brani.
    Il canto della Pastorella terlizzese ha un’origine chiaramente popolare per via dell’uso della modalità minore, degli intervalli di seconda minore e della sesta napoletana. In alcuni casi la cantilena, magistralmente interpretata dai fedeli terlizzesi, sembra toccare intervalli di quarti di tono, tipici della musica popolare pugliese e la cui origine è ascrivibile all’influenza arabo-bizantina di epoche ben più remote. Il canto è molto più simile alle nenie registrate da etnomusicologi del calibro dei fratelli Lomax, in Puglia e, soprattutto, nell’area di transumanza che portava dall’Abruzzo fino a Terlizzi (Sovereto), che allo stesso Tu scendi dalle stelle, il quale è invece un brano più sereno, orecchiabile e moderno nel senso natalizio del termine.

    Le conclusioni dello studioso terlizzese, Don Gaetano Valente, sono a mio avviso corrette nell’interpretazione del testo e nell’intuizione di un’opera di rifinitura musicale del dotto de Paù, ma non tengono in considerazione le notevoli differenze musicali. La mera riflessione sul testo sarebbe interessante a parità di melodia, armonia e ritmica, ma così non è. Personalmente non credo avesse molto senso per i terlizzesi “copiare” solo il testo di una melodia (quella di San Alfonso) già esistente e di assoluta bellezza e successo. Tuttavia l’analisi musicale non può in alcun modo mettere in dubbio l’origine popolare, meridionale del brano, di cui solo Terlizzi si fa custode orgogliosa della sua promulgazione, che sia o meno composta dal conterraneo nobile compositore.