Vito Schiuma

Pianist, Composer, Musician.

Tag: pianisti

  • Non sottovalutate Ezio Bosso

    Sconosciuto ai più, Ezio Bosso è il classico Nemo propheta in patria. Non che il riconoscimento in Italia mancasse prima della celebre esibizione al Festival di Sanremo, ma certo non era un fenomeno di massa come altri suoi colleghi. Di certo vergognose sono le insinuazioni circa il successo legato alla malattia del Maestro: nulla ha a che vedere con il suo successo (per altro già inoltrato) e di cui mi rifiuto di parlare in questo articolo.

    Ezio Bosso è un pianista, compositore e direttore d’orchestra dal curriculum stellare, con riconoscimenti che vanno dal Green Room Award australiano al Syracuse New York Award degli Stati Uniti. Ancora più significative sono le sue collaborazioni con orchestre di mezzo mondo, dalla London Symphony Orchestra, alla Filarmonica del Regio di Torino e l’Orchestra dell’Accademia della Scala di Milano.

    Guai a ingabbiarlo in una definizione, Ezio Bosso è un musicista completo e per tale vuole essere trattato. Nei suoi concerti esegue indistintamente autori di musica classica e contemporanea, oltre che se stesso. Ezio Bosso non è solo un profondo conoscitore della musica, è una mente aperta, un artista spugnoso pronto ad incontrare il nuovo e ad accoglierlo come può solo chi ha personalità e fermezza d’animo. 

    Il linguaggio musicale di Ezio Bosso può sembrare semplice, molto facile può risultare accostarlo ad altri colleghi quali Giovanni Allevi e Ludovico Einaudi, i cosiddetti minimalisti o neoclassici. Ma Bosso è di un’altra razza, la linearità del suo pensiero melodico è l’espressione di un metodo compositivo ragionato in senso spaziale e temporale, di cui vi è un tratto tipico che spicca rispetto al resto: quello che definirei un crescendo bossiano. Uno spazio e un’intensità sonora che si espandono pian piano fino a raggiungere la massima espressione concettuale, una sorta di riflessione introversa che rende la forma superflua e il risultato massimo. Un esempio è il brano “Split, Postcards from Far Away The Tea Room” all’album “12th Room”, nel quale fa anche uso di elettronica e cori di voci. 

    Tra i suoi album il mio preferito è Symphony No. 1 “Oceans” per la sua grande capacità descrittiva, i titoli sono sempre programmatici e non casuali. I brani stupiscono per la straordinaria abilità di giocare con i suoni dell’orchestra, ponendoli al servizio dell’esigenza espressiva del compositore.

    Altrettanto riuscito è l’album Music for Weather Elements, un manifesto della musica descrittiva in cui ricade con piacevole frequenza. In questi album trasforma quello che in altri autori può essere ripetitivo e banale in punti di forza: gli accordi spezzati, gli arpeggi ripetuti e il ritmo incalzante e ricorrente diventano lo spazio sonoro in cui operare scelte armoniche non scontate e melodie in continua evoluzione.

    Apprezzo molto del Maestro Ezio Bosso la sua capacità di essere sincero e genuino nella musica, la forza di non lasciarsi condizionare dalle avanguardie che lo circondano, di non lasciarsi intimorire dai giganti del passato e soprattutto dalla frenesia della modernità che spesso induce il compositore a ricercare l’astratto, il complicato e il diverso, piuttosto che l’emozione e la pura espressività, qualunque essa sia. 

    Vito Schiuma
    Riferimenti: www.eziobosso.com

  • Non sparare su Giovanni Allevi

    La mia piccola riflessione su Giovanni Allevi.
    Va bene, abbiamo capito. Dovremo aspettare ancora qualche secolo prima di ammirare il nuovo Mozart. Sì, chiaro. Anche J. S. Bach costruiva fughe e messe come ombrelli per ripararsi dalla pioggia di critiche di puristi, onniscienti del contrappunto, custodi di verità assolute. Salvo poi questi fare la figura del Salieri di turno. Ma questo non è il caso di Giovanni Allevi. La sua musica probabilmente non è avanti anni luce come quella del Maestro della Fuga.
    Eppure mi dicono che Giovanni Allevi divida. Concerti soldout, teatri pieni e vendite record dei dischi. Centinaia di migliaia di fan. Tutti incompetenti e figli di un livello culturaLe musicale mai così basso nella storia del Bel Pease. Dice l’altra metà.
    Ma chi si schiera in questa metà? Senz’altro gente che se ne intende, di musica. Uto Ughi, Saturnino, Beethoven stesso, jazzisti, insegnanti di conservatorio, accademici. Insomma gente che dovrebbe possedere i canoni di valutazione di un prodotto artistico. Se non fosse che questi canoni non esistono. Mi dicono che la sua musica sia di basso livello, nulla di innovativo, da quinto anno di conservatorio, banale, sicuramente potrete aggiungere altri apprezzamenti tra i commenti. Ma allora cosa ne ha determinato il successo? Se è musica così scadente, sarebbe dovuto essere un flop come tanti altri raccomandati. Premettendo che non credo molto nelle raccomandazioni, perché puoi raccomandare tutto ma non qualcosa che devi vendere e in questo semplice principio rientrano anche le allusioni a case discografiche e sponsor che spingono il “personaggio”. In sostanza migliaia di persone vanno ai suoi concerti perché plagiate. E quando anche i più arguti degli argomentatori rimangono a corto di complotti ecco che si sentenzia sul basso livello musicale italiano.
    Non sparate su Giovanni Allevi
    Proprio quando vedo una così grande sproporzione mi sorge il dubbio che la critica sia un fenomeno sociale che va al di là della mera espressione di apprezzamento o disapprovazione. Ma facciamo un passo indietro.
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    Sulla base di cosa si giudica Giovanni Allevi? Devo dire che il 90% rimane vago e fin qui siamo bravi tutti. Qualcuno si esprime sulla semplicità della scrittura armonica, la poca elaborazione delle idee melodiche, la ripetitività spesso non variata, la forma non colta delle sue composizioni. Insomma tutto molto relativo, se tralasciamo i vaneggiamenti del compositore stesso che sull’onda del successo si annovera tra i neoclassicisti con paragoni con i Grandi Maestri spesso più pubblicitari che giustificati. Tuttavia l’aggressività verso Allevi mi pare eccessiva, senza nemmeno entrare nel merito di un’analisi della partitura e soprattutto del personaggio. Davvero credete che sia la massima espressione del basso livello culturale italiano? Insomma, dopo le vagonate di artisti che siamo costretti a sorbirci tra Sanremo, talent e anni ’90/2000 di ogni genere, che al solo chiamarli artisti muore un albero. Dopo che abbiamo le tv inondate da personaggi che non sono in grado di scrivere una scala di qualsiasi genere sul pentagramma, abbiamo un pianista che non fa pop e non fa jazz e crea un proprio seguito, un pubblico che va ai concerti, acquista dischi e riscopre la bellezza del pianoforte, strumento ormai in picchiata nel gradimento dei giovani. Un compositore apprezzato dai pubblicitari, che vende su iTunes e che magari fa scoprire ai suoi fan un autore veramente classico solo per il fatto di trovarsi nella stessa categoria dei digital store. Per voi è questo il male assoluto della musica italiana?
    Una volta tanto chi lo critica dovrebbe metterci al corrente di quale contributo epocale si è portato alla storia della musica (oltre che a ottime interpretazioni dei classici come ce ne sono a migliaia), contributo possibilmente scevro di sterile avanguardismo di chi è più alla ricerca di un posto al sole sulla spiaggia degli immortali che un vero e proprio dono di bellezza all’umanità.
    Dal mio punto di vista risulta indubbia la mancanza di lucidità di tali altri Maestri, di cui l’Italia è piena, nel preferire compositori come Einaudi, che non hanno niente di più del pianista capellone, o tali altri jazzisti che si riparano dalle critiche sulla musica composta con lo scudo della musica improvvisata, la cui più grande abilità è rispolverare cover di ogni genere, compresi quelli “incolti” come il pop o il reggae.
    Inutile poi dilungarsi su chi lo critica, dicendo di essersi sbagliato nel dargli fiducia. Come se sia possibile lanciare un artista di un genere tutt’altro che commerciale senza come minimo averne ascoltato l’intero album. Per non parlare di quelli che gli danno del raccomandato e poi suonano alle feste dell’Unità o grazie al politico di turno.
    Spero che da questo mio scritto si evinca che non voglio esprimere alcun giudizio assoluto sulla musica di Allevi, né tantomeno valutare il personaggio che sicuramente non si sforza di farsi piacere, bensì semplicemente esporre un punto di vista puramente musicale, che è sicuramente più propositivo che distruttivo.