J. S. Bach e il jazz. Ci sono relazioni?

Resto sempre sorpreso dall’assoluta ignoranza in storia della musica, armonia e analisi musicale di chi con fare da rivoluzionario della musica sostiene che il buon Johann Sebastian Bach sia stato il primo jazzista della storia della musica.
Per prima cosa non posso sorvolare sulla grande assenza di cognizione di cosa sia il jazz a livello storico-culturale, in tutte le sue forme ed evoluzioni. Il jazz non è mai stato un genere ligio al dovere, “servo” della funzione religiosa. Al contrario, è sempre stato un modo per esprimere dissenso, dal blues al bop, amore e sessualità, dallo swing al soul. La musica di Bach è prevalentemente di carattere religioso o, nel caso della musica profana, di carattere allegorico-religioso. Ad esempio la simbologia del diabulus in musica.bach-hanewinckel
Fatta questa premessa, andiamo a vedere quali sono i principali argomenti di chi ama riscoprire il jazz nella seriosa e complessa arte di Bach.
I modi.
Per prima cosa la musica di Bach non è modale. Anzi, è ben radicata nella tonalità, soprattutto come impianto all’interno del quale spostarsi nella composizione (vedi Clavicembalo Ben Temperato). La confusione nasce da diversi fattori, primo tra i quali è lo stile compositivo della fuga, arte sublimata dal genio tedesco, che riciclando in continuazione materiale melodico (tema) è obbligato incessantemente a ricorrere a modulazioni o, meglio, tonicizzazioni. Un altro elemento fuorviante è l’uso frequente, ma non predominante, della cadenza plagale (IV – I), e la successione IV – V – I, entrambe diffusissime nella musica moderna. In ogni caso, Bach non ragionava in senso modale, nella migliore delle ipotesi intendeva la tonalità in tutte le sue infinite possibilità. Ma soprattutto i modi NON sono stati inventati dai jazzisti, ed eventualmente non li avrebbe inventati nemmeno Bach. I modi risalgono all’antica musica greca e venivano utilizzati in senso atonale nella musica medievale europea e mediorientale e addirittura nei canti gregoriani.
La scala di Bach.

Una scala modernissima caratterizzata dal sesto e settimo grado alterati anche nella melodica minore discendente. La scala è detta anche Dorica 7M. Per questo qualche tuttologo del jazz, che da poco ha imparato l’esistenza della scala dorica, ascoltando il Köln Concert di Jarrett (tanto di cappello, ma lui si che aveva una cultura bachiana a 360 gradi), si sente lo scopritore del primo jazzista al mondo. No. Questa scala non è stata inventata da Bach, è utilizzata spesso dal compositore ma sempre in modo sfuggente e in funzione delle sue esigenze contrappuntistiche.
Lo swing.
Croma col punto e semicroma non è swing. È una figurazione ritmica delle migliaia utilizzate da Bach. E anche questa di origini antichissime. Un patrimonio culturale che Bach possedeva tutto, dimostrando che se veramente vogliamo capire qualcosa di nuovo della Storia della Musica dovremmo andare a studiare COME questi autori possedessero conoscenze vaste e approfondite di culture passate e tramandate oralmente (il Musica Enchiriadis?). L’accompagnamento in contrappunto, che ricorda l’accompagnamento di un contrabbasso o di un pianista (dotato di due mani) jazz, non ha niente a che vedere con quel procedimento di accompagnamento e di scansione del tempo. Il basso nella musica bachiana è una voce importante come tutte le altre, che non scandisce il tempo (in senso stretto), bensì è paragonabile all’importanza di un quartetto vocale.
Le dissonanze.
Le dissonanze tipicamente jazzistiche, le più diffuse sono la 7ma, la 9na e la 13ma, sono tra le dissonanze più accettate già secoli prima della nascita di Bach. Solo che nella teoria classica si chiamano diversamente, ma la sostanza è che all’orecchio di Bach arrivano ben assimilate. Infatti le differenze, e quindi la novità del jazz, sta nell’uso che se ne fa (preparazione, risoluzione, ecc.), che in Bach è assolutamente ortodosso.
L’improvvisazione.
Bach era un grande improvvisatore come tutti gli altri geni che lo hanno preceduto e seguito. Ovviamente delle sue improvvisazioni non è rimasta traccia, se non per qualche aneddoto. Da questo punto di vista i problemi sono due. Il primo è rappresentato dalla relazione tra composizione e improvvisazione. Le due forme dovevano avere una grande affinità in Bach, considerato che riusciva a improvvisare fughe, tuttavia non la vedo come una grandissima capacità di improvvisare (pur essendolo) bensì come una grandissima capacità di comporre (nella mente ed estenporaneamente). Nel jazz è tutto il contrario: la capacità di improvvisare non è sintomo di grande preparazione nella composizione, anzi. Il secondo problema è di tipo formale. Nel jazz l’improvvisazione ha una sua collocazione precisa, nella maggior parte dei casi dopo l’esposizione Johann_Sebastian_Bach.jpgdel tema. Nella musica cosiddetta colta l’improvvisazione si materializza in forme leggermente più aperte come il preludio, la toccata o la fantasia.

In conclusione basta un minimo di conoscenza di storia della musica e analisi musicale per rendersi conto che questa disciplina ha ancora tanti punti interrogativi, ma tra questi non ci sono l’anticipazione di un genere che per genesi, forma e manifestazione non ha senso in un contesto diverso dal suo originario. In questo caso è come dire che i cinesi hanno inventato il blues perché utilizzano la pentatonica da millenni. Absolute non-sense.
Vito Schiuma